Archive for January, 2009

paradisi di ghiaccio – 352

Toh, nevica. Guardo fuori. Vedo paradisi di ghiaccio. Penso. 

La Moratti ha chiamato i militari per raschiare via il ghiaccio dai marciapiedi.
Buffo che qui, dove la neve persiste sotto forma di tenacissimi centimetri di ghiaccio da ormai 15 giorni, non abbiano nemmeno fatto la fatica di spargere il sale. O se lo hanno fatto, devono aver usato il salarino. Pure con parsimonia, oserei dire.

Passi che il sentierino di ghiaia che porta da qui alla metropolitana sia completamente ghiacciato. Effettivamente bisognerebbe spalarlo a mano e magari non è compito di nessuno provvedere alla sua pulizia. In fondo, se avessi riflessi più pronti non mi sarei spiaccicata un ginocchio durante il tragitto.

Un po’ meno evidente il perché il parcheggio, l’enorme parcheggio dell’istituto, sia diventato una pista di pattinaggio su ghiaccio. Soprattutto quando si ricevono mail minatorie del tipo guai a voi se lasciate la macchina nel parcheggio durante la notte perché ostacolerete la pulizia dell’area. Cafoni, non pensateci nemmeno. Buffo che il parcheggio somigli tuttora alla banchisa polare e che l’asfalto sembri essere sostituito da uno strato di permafrost perenne. Nei giorni scorsi, il sole lo ha fatto sciogliere un po’ rendendolo ancora più subdolo. Non più del freddo, rassicurante color bianco-neve, quanto piuttosto della meschina trasparenza dell’acqua. Ci ho di nuovo rimesso il ginocchio per scoprire che il ghiaccio è ancora lì, che ci vede anche se non lo vediamo. Con grasse, grosse risate del moroso che non fa niente per tenermi in piedi.

Toh, nevica. Guardo fuori. Vedo paradisi di ghiaccio. Penso.
Sarà il caso di mettermi le ginocchiere (quelle imbottite!) prima di attraversare il parcheggio un’altra volta…

chi mi dà un miliardario? – 351

Ho accompagnato il moroso dal dottore. Ambulatorio con salottini al posto di sale d’attesa. Mobili antichi, almeno quanto la segretaria. Segretaria con crocchia, occhiali e accento un po’ tedesco. Poltroncine in pelle. Lettino per visitare in mezzo ad una stanza enorme. Guardaroba con fili elettrici a vista.

In sala d’attesa mi dedico a letture impegnate. Una rivista, un nome a lettere cubitali. Cartier. Argomento: i 300 più ricchi della Svizzera. Leggo con avidità, alla ricerca di uno scapolo rampante, possibilmente di origini italiane e senza un sedere da medicare una volta al giorno. Posso scegliere tra quelli che hanno fatto soldi con le banche, quelli che hanno fatto soldi con gli orologi, quelli che hanno fatto soldi con attività industriali, quelli che hanno fatto soldi con l’eredità.

Scopro che Mr Ikea vive in Svizzera, che Margherita Agnelli vive in Svizzera, che De Benedetti vive in Svizzera (!). Non trovo nessuno scapolone rampante. Scopro che Bata non è una marca di scarpe italiane. Mr Bata è slovacco (e vive in Svizzera, chiaramente). Mi sento un’imbecille, visto che ogni volta che mi sono trovata di fronte ad un negozio Bata, ho sorriso pensando alla florida industria della moda italiana e me ne sono sentita fiera.

Entriamo a sentire il responso del dottore, sorridente, affabile e così squisitamente cordiale. Tanto poi, pagheremo la visita in base ai minuti trascorsi in ambulatorio. Usciamo dall’ambulatorio. Nessuno scapolone all’orizzonte. Una sola differenza: la medicazione del sedere la dovrò fare non una, ma ben due volte al giorno. E miliardario il moroso non lo diventerà mai, considerati tutti i soldi che spende di garze… Un bacio!

nome omen (2) – 350

Pasticcio è arrivata da noi come la piccola, la bruttina, la rachitica. E’ bastato poco però per capire cosa la soddisfi più di tutto nella vita: mangiare e ricevere coccole. La prima delle due attività ha senza dubbio il sopravvento sulla seconda.

Pasticcio si lascia fare qualsiasi cosa. Lascia a Capriccio i giochi; si lascia mordere, graffiare, cacciare. Ma non toccatele la ciotola del cibo, perché in quel campo è lei la padrona. La sorella può solo stare a guardarla mentre mangia fino a lucidare l’acciaio.

Pasticcio ha una pelliccia confusa, asimmetrica nei colori. E una macchietta sul muso che la rende buffa, pasticciata, poco elegante. E’ piccola, se non fosse per la pancetta tonda che le sporge sempre.
Con le sue zampette bracche spicca salti appena più corti del necessario. Così la si vede spesso appesa con le unghie: alla tovaglia, al bordo della sedia, alla tenda, al piumone. Da lì, poi, con calma scala la china e arriva alla meta.

Pasticcio è essenzialmente un’imprecisa. Nello spiccare i salti. Nel fare la pipì. Aspetta che io mi metta a pulire la lettiera per lanciarvisi sopra e fare pipì. Non si prende la briga di scavare nè prima, nè dopo averla fatta. Lei arriva, fa e torna alle sue occupazioni. Poichè ha sempre tendenzialmente freddo, approfitta dei miei allontanamenti, per acciambellarsi sulla tastiera del computer e da lì schiacciare tutti i tasti che trova. In alternativa, si infila nello zaino, nella borsa, nel bidone delle immondizie (in cerca di cibo, chiaramente).

La sera, quando è il momento di dormire, si aggrappa alle mie spalle e inerpicata lì su, si addormenta in equilibrio precario. Peccato che non possa muovermi, se non disarcionandola.
Stanotte, ha approffittato del genio del moroso per svegliarci nel cuore della notte coi beeeeep strazianti dell’adorato Mac. Devo provvedere ad insegnarle come digitare la password del moroso correttamente, così il Mac la smetterà di lamentarsi ogni volta che lei si avvicina… Mi risulterà sicuramente più facile che convincere il moroso a spegnere il computer durante la notte… Un bacio!

nome omen (1) – 349

Capriccio è entrata nella nostra vita miagolando. Capriccio miagola se vuole entrare in camera. Miagola se vuole saltare sul letto. Miagola se vuole avvicinarsi. Miagola se vuole essere coccolata. Miagola quando la coccoli.

Capriccio vuole. Miagola per ottenere quello che vuole. Ma quando lo ha ottenuto e magari col tuo aiuto, miagola nuovamente con disgusto. Ottenere quello che desidera, la rende insofferente verso quello che ha ottenuto e chi glielo ha procurato.

Capriccio comanda a bacchetto la sorella quando è il momento di giocare. I giocattoli sono tutti suoi. Dal pezzo di pane, ai lacci delle scarpe, al fiocchetto dei pacchi. Non li guarda fin tanto che la sorella non li vuole. Li vuole per capriccio, e tutto il resto non conta.

Capriccio non riesce ad avvicinare la bocca al menisco dell’acqua nella ciotola. Se ci prova, ci ficca irrimediabilmente il naso dentro. Soffoca, tossisce, starnutisce e miagola. Ma ha bisogno di bere. Negli ultimi tempi ha affinato una nuova tecnica. Invece di mettere la bocca in acqua, ci mette la zampina. Lei svuota la vaschetta dell’acqua a furia di zampettate isteriche. Quindi, in tutta tranquillità, rinuncia alla ciotola e l’acqua la beve direttamente dalla sua zampa. O, in alternativa, dal pavimento. L’acqua che avanza, invece, la spalma su tutte le superfici dell’appartamento.

Capriccio stanotte è venuta a giocare con la sua coda sul letto. Mi ha graffiato il naso mentre giocava. Mi ha annusato da vicino, facendomi prurito prima e solletico poi. E quando ho provato a grattarmi, ha deciso che volessi giocare con lei e mi ha graffiato la mano. Quando si è calmata e si è messa a dormire, ha pensato bene di infilarsi sotto il piumone. L’unica cosa che non capisco è come sia possibile che una gattina di un chilo e mezzo possa occupare un intero letto matrimoniale, pur avendo il pelo corto. Un bacio!

buon anno! – 348

Non ho fatto gli auguri di Buon Natale. Non ho fatto gli auguri di Buon Anno.
Non ho stilato la lista dei regali per Babbo Natale. E, considerato che la Befana non esiste a Losanna, mi sono giocata così tutte le possibilità di ricevere i miei regali.
Non ho chiuso il 2008 con un consuntivo. Non ho iniziato il 2009 con dei buoni propositi.

Ad un certo punto, le mie vacanze a casa hanno preso a correre a tutta velocità e mi sono trovata in treno senza neanche essermene accorta. Siamo tornati in Svizzera ieri sera. Gattine al seguito, felicissime di essere a casa per potermi saltare sulla faccia non appena spunta il giorno, cioè non appena c’è uno spiraglio di luce.

Del 2008 conservo un ricordo dolce-amaro. Un anno che è partito bene; si è concluso prima che potessi definitivamente dare di matto. Tornata a casa, mi sono accorta di quanta fragilità abbia accumulato in tutti questi mesi di intenso lavoro. Mi sono ritrovata con le ossa rotte dentro ad un gesso. Tolto quello, tolta la fatica – lo stress – la routine, mi sono accorta che mi faceva male un po’ tutto. Dal 2009 non mi aspetto granchè. Primo perché come numero, 2009, mi fa un po’ schifo. Secondo, perché mi attende il terzo anno di dottorato e, a meno che i topi non comincino a collaborare, non vedo svolte all’orizzonte. Terzo, perché.. beh, l’idea di tornare al lavoro domani mi fa accapponare la pelle. Come può un anno iniziare bene se il primo ricordo cosciente che ne serberò sarà una giornata di lavoro? E come può un anno continuare bene se il secondo ricordo sarà quello della sottoscritta che depila il sedere del moroso per evitare che la fistola recidivi??? Che orrore!

ps. tantissime congratulazioni alla neo-mamma Addb e al suo neo-nato pisellino, Matteo!