Archive for March, 2011

antidepressivo

Maritozzo: Evvai! E’ finalmente disponibile. 30 franchi meno di quello che avrei speso un mese fa.
Mogliettina: Beh, un franco risparmiato al giorno. Ne è valsa la pena. Vas-y. Approfittane e fatti un regalo.
Maritozzo: … …
Mogliettina: ?!?
Maritozzo: No, dài. Ho cambiato idea. Non mi serve. E peggio ancora, potrebbe non servirmi mai più. Chissà se troverò mai un altro lavoro.
Mogliettina: Ma…
Maritozzo: No. Non insistere. Lo comprerò solo se dovesse servirmi per un altro lavoro. Non continuare ad infierire. Per quello che ho da fare nei prossimi mesi, il mio vecchio basta e avanza.

10 minuti dopo.

Mogliettina: dove vai, maritozzo?
Maritozzo: a prendere la carta di credito.
Mogliettina: ma.. e tutta quella storia sul lavoro, la disoccupazione, cosa-ne-sarà-di-me, non-mi-servirà-mai-più-un-mac….
Maritozzo: eh, no… senti. Io ci ho provato a trattenermi… ma hai visto come ero triste? resistere alle tentazioni tecnologiche mi deprime. Anzi, non è che vuoi che compri qualcosa anche per te?

Nel momento stesso in cui ha smesso di preoccuparsi per la mia discussione di dottorato, maritozzo si è incrinato sotto il peso del futuro incerto. Confido nel potere taumaturgico dello shopping compulsivo di materiale tecnologico… altrimenti mi toccherà drogarlo di valeriana e camomilla… Un bacio!

la regina dei difetti

La mia nuova compagna di banco è una povera disgraziata che viene dal Belgio. Non senza sensi di colpa, io e maritozzo l’abbiamo ribattezzata ofego, l’unico nome che le calzi apparentemente a pennello.
E’ di una bruttezza malsana: un colorino grigio, capelli arruffati tenuti insieme da una ventina di mollette, una sciarpa blu di pashmina sempre (SEMPRE) attorno alla faccia (e, no, non è mussulmana), un viso arcigno anche quando non vorrebbe esserlo.
E’ di un’invadenza irritante. Ha cominciato espandendosi nel mio lato di scrivania con i suoi pidocchiosissimi articoli da prima della classe. Ha continuato frugando nel mio cassetto per prendere la graffettatrice, le forbici, la gomma, il cancellino, la matita, il pennarello. Ha perseverato piantando gli occhi sullo schermo del computer, leggendosi le mie mail e spiando i miei articoli ah, quello l’ho riconosciuto: è il clevers-tal-dei-tali, vero?
E’ dispotica, arrogante e acida. Interrompe chiunque stia parlando, dispensa consigli non richiesti, prende la parola quando tutti la ignorano, risponde alle domande rivolte ad altri, appropriandosi delle storie altrui, raccontandole e sparpagliandole ai mille venti. Ha tanti difetti e io non amo infierire sui casi umani. Però…

Serata PhD students. Party con formaggio e birra. L’ofego si aggira molesta. E’ eccitata, accalorata dall’alcool, dalla voglia di emergere, dalla fatica di dover far sentire la sua voce da criceto. Ad un certo punto, la calma: l’ofego sparisce. Quando ricompare, ha gli occhi lucidi e le guance arrossate. Ah, mi stavate cercando? No, nessun problema… Tutto bene. No, è che… ero andata in bagno.. e poi… sì, sapete avevo tanto sonno… non riuscivo a tenere gli occhi aperti… e quindi, sì, non so bene come dirlo, però… ecco, mi sono addormentata sul water e mi sono svegliata solo adesso…sì, per mezz’ora.. ma sapete, avevo così sonno…

La mia nuova compagna di banco è una povera disgraziata che viene dal Belgio. E’ brutta, sgraziata, antipatica, prevaricatrice, curiosa, fastidiosa e, sì… soffre pure di narcolessia… o_O’

*questo grazioso disegno è preso da Eloisa.

…definitionOFinVITROmicroenvironments…

Oggi, 22 Marzo 2011, si è tenuta la mia private thesis defense.
Sotto un fuoco di domande amiche (e non), ho opposto la mia strenua resistenza, seppur traballante per via dei tacchi improponibili.
Delle tre (sì, proprio TRE) ore di esame ho ricordi confusi.
In ordine sparso, la voce del presidente che incoraggia i giurati a far tutte le domande del mondo tanto non abbiamo nessuna fretta. Io che, bevendo, mi verso accidentalmente l’acqua giù per la camicia e giù giù giù fino alla pancia, sotto 5 paia di occhi che mi guardano contorcermi per il solletico. I post-it gialli sulle copie della mia tesi, con le domande da farmi e le correzioni da apportare al manoscritto. La voce che mi si incrina quando ringrazio il maritozzo all’ultima slide. Gli occhi del mio capo, impauriti più dei miei. L’ascella bucata del maglione di lana grigia di un giurato. La voce del mio collega che mi vede scendere in laboratorio, si volta verso maritozzo, gli dice “è arrivata, ha finito” e lo manda in avanscoperta. Quegli istanti in cui tutto passa davanti agli occhi e la testa formula il distinto pensiero “ok, questa è l’ultima slide: è la fine di questi anni”. Quell’incredulità che accompagna i bei momenti, quando sembra tutto troppo perfetto per essere vero; ti dissoci, ti guardi da fuori e ti pare impossibile che sia proprio tu, quella con la bacchetta di bambù, in piedi davanti a uno schermo. Quella che è partita da un paesino sperduto nella campagna; quella che ha sempre avuto paura di tutto, tanto da restarne a volte schiacciata; quella che ha preso un treno, un giorno, piangendo di fronte alle lacrime del suo papà sulla banchina della stazione mentre si  salutavano; quella che ha seguito le spinte del destino fino ad approdare qui. Quella che nonostante i pianti, nonostante la rabbia, nonostante la frustrazione, nonostante lo sconforto, nonostante il nervosismo, nonostante lo stress, nonostante tutto, si accorge di essersi spinta, ancora una volta, al di là del limite di ciò che credeva possibile.

Un capitolo si sta chiudendo e fra un po’ sarà il momento di andare oltre. Ovunque sia.