cosa dicevo di Padova? – 151

Neppure il tempo di lamentarmi, che subito Padova mi ha accolto nel modo più caloroso possibile, mostrandomi il meglio di sè. Venerdì sera arrivo e mi trovo nella spiacevole condizione di dover aspettare il papà in stazione.

1. lato stazione: alla mia sinistra il bar dei magrebini – tunisini – algerini. Il tasso alcolico nell’aria è elevato e gli animi si surriscaldano. Due che sono fuori dal bar, cominciano a mettersi le mani addoso e a insultarsi, strattonandosi. Rispondo al mio istinto di sopravvivenza e mi allontano veloce e con lo sguardo basso, attraversando la strada.

2. di fronte alla stazione: sotto il portico, uno se ne sta disteso a imprecare contro la gente che passa. Puzza e ha gli occhi cattivi. Decido di spostarmi più avanti verso l’aiula e la rotatoria.

3. vicino all’aiula, altro picco di alcol nell’aria. Uno, straniero, barcolla, avanti e indietro, protestando e parlando contro il mondo (e forse inconsciamente, contro se stesso). Fermarmi proprio lì in mezzo sarebbe come provocarlo: attraverso la rotatoria.

4. dall’altro lato della rotatoria, solo macchine e fortunatamente, nessuna presenza umana. Mi dico che lì sono al sicuro: tra l’altro, sono anche comoda a farmi prendere su dal papà quando arriverà. Mi dispongo all’attesa che so non sarà superiore ai dieci minuti. Ho la gonna lunga fino ai piedi, lunga e larga. Ho le scarpe basse, senza tacco. Ho il fazzoletto dell’Università di Wisconsin-Madison in testa: somiglio vagamente a Cappuccetto Rosso. Ho lo zaino in spalla, ho una borsa di carta in mano; tengo il giubbotto pendente a livello dell’avambraccio. Sto scrivendo un sms al moroso, per cui neppure guardo le macchine e la strada. Vedo una station wagon che si avvicna a me e penso che sfiga, questo vuole proprio parcheggiare qui. Alzo brevemente gli occhi dal cellulare, mentre mi scanso e lascio spazio alla macchina. Il conducente abbassa il finestrino, io mormoro un mi scusi, sto solo aspettando. La macchina non avanza. Allora, scruto il conducente e con mia immensa sorpresa, è lui che sta scrutando me. Un pensiero mi folgora… questo voleva caricarmi in macchina. Prendo e mi allontano ancora di più. Penso brutto idiota che non sei altro… davvero credevi che fossi qui per vendermi??? Finisco di scrivere l’sms al moroso rinfacciandogli di essere padovano come quel grande imbecille che si è appena fermato con la vana speranza di chiedermi quanto voglio. Dopo qualche minuto, l’immenso imbecille mi ripassa davanti guardandomi con fare lascivo. Mi decido a mettermi addosso anche il giubbotto: fa caldo, ma mi fa ancora più caldo che quell’idiota si metta a guardarmi come se fossi nuda. Finalmente arriva papà e mi metto al volante. Direzione: la tranquilla campagna rodigina.

Riflessioni: 1) non sono più abituata all’ambiente minaccioso della stazione di Padova, 2) brutto maniaco: se stai leggendo, sappi che la prossima volta ti chiedo di pagarmi anche solo per aver osato posare i tuoi schifosi occhi lascivi sul mio fazzolettino di Wisconsin-Madison!

Un bacio!

3 Responses to “cosa dicevo di Padova? – 151”

  1. Mery83 says:

    Dio che esperienza…certo che Padova di questi tempi è davvero brrrr (e poi si alza un polverone se si decide di alzare un muro…).

    Poi non mi far pensare a Padova che, mi scuso con te e il moroso, è la città da cui viene la mia insegnante di Analisi Multivariata…e il dataset che mi ha dato da analizzare?? Naturalmente un’indagine sulle famiglie di Padova!! Sono perseguitata!! ^__^

    Per il resto..povera te!!! Hai tutto il mio appoggio!!

    Smack!!

  2. il moroso says:

    Ma alla fine non è malissimo Padova… basterebbe fare un po’ di pulizia!

  3. Chiara says:

    @Mery83 e il moroso: povera Padova… da quando non c’è più il moroso ad attendermi in stazione, l’ambiente è notevolmente degenerato!