buon anno! – 348

Non ho fatto gli auguri di Buon Natale. Non ho fatto gli auguri di Buon Anno.
Non ho stilato la lista dei regali per Babbo Natale. E, considerato che la Befana non esiste a Losanna, mi sono giocata così tutte le possibilità di ricevere i miei regali.
Non ho chiuso il 2008 con un consuntivo. Non ho iniziato il 2009 con dei buoni propositi.

Ad un certo punto, le mie vacanze a casa hanno preso a correre a tutta velocità e mi sono trovata in treno senza neanche essermene accorta. Siamo tornati in Svizzera ieri sera. Gattine al seguito, felicissime di essere a casa per potermi saltare sulla faccia non appena spunta il giorno, cioè non appena c’è uno spiraglio di luce.

Del 2008 conservo un ricordo dolce-amaro. Un anno che è partito bene; si è concluso prima che potessi definitivamente dare di matto. Tornata a casa, mi sono accorta di quanta fragilità abbia accumulato in tutti questi mesi di intenso lavoro. Mi sono ritrovata con le ossa rotte dentro ad un gesso. Tolto quello, tolta la fatica – lo stress – la routine, mi sono accorta che mi faceva male un po’ tutto. Dal 2009 non mi aspetto granchè. Primo perché come numero, 2009, mi fa un po’ schifo. Secondo, perché mi attende il terzo anno di dottorato e, a meno che i topi non comincino a collaborare, non vedo svolte all’orizzonte. Terzo, perché.. beh, l’idea di tornare al lavoro domani mi fa accapponare la pelle. Come può un anno iniziare bene se il primo ricordo cosciente che ne serberò sarà una giornata di lavoro? E come può un anno continuare bene se il secondo ricordo sarà quello della sottoscritta che depila il sedere del moroso per evitare che la fistola recidivi??? Che orrore!

ps. tantissime congratulazioni alla neo-mamma Addb e al suo neo-nato pisellino, Matteo!

viaggio di ritorno – 347

Sono tornata a casa. Ho trovato l’albero di Natale, un abbozzo di presepe e tanti addobbi in casa. E così, all’improvviso, mi sono accorta che Natale è alle porte.

Il moroso è convalescente dopo che gli hanno asportato una fistola dal didietro.
Le gattine sono a casa mia e passano il loro tempo a scappare da chiunque, perché non hanno apprezzato il viaggio di 6 ore fino alla Pianura Padana. E’ il loro modo di farmelo sapere, nel caso non me ne fossi accorta durante il viaggio.
I miei sono in perfetta salute, ma mi rendo conto di aver completamente perduto la mia indole da figlia, sostituita irrimediabilmente dalla stronzetta impertinente e indipendente. Almeno sulla carta.

Sono a casa e quasi mi manca la mia vita a Losanna. Mi sento un po’ carne e un po’ pesce, o forse nessuna delle due. Sono qui; il mio cuore (… che romanticismo) è a Padova, schiantato sulle chiappe malate e al vento del moroso; la mia vita, le mie cose, i miei impegni sono Oltralpe, sepolti sotto centimetri di neve. Sono qui e non sono da nessuna parte. Oggi, per sopire il senso di inutilità, ho passato il pomeriggio a studiare scienze con mio fratello. E in certi momenti, penso con tenerezza ai miei topetti malefici.

La vedo lunga fino al 3 Gennaio. Vi prego: ricordatemi cosa vuol dire essere in vacanza… Sembro averlo dimenticato. Un bacio!

carenze – 346

Ha nevicato per 4 giorni di seguito. Dapprima, una spolveratina. Poi, qualche centimetro. Quindi, una valanga. Infine, uno strato di ghiaccio più tenace del cemento.

In questi giorni di fiocchi di neve e gradi sotto zero, il desiderio di relax è tanto. Quel relax da film di Natale.
1. Potersi stendere in divano. Condividendolo con i due felini di casa, chiaramente. Che saltano, miagolano, graffiano e, finalmente, fanno le fusa. E magari nel frattempo, si sono aggrappati alle tue cosce con le unghie. Proprio mentre tu avevi le mani impegnate e non potevi difenderti, chiaramente.
2. Coprirsi con la copertina di pile. Avvolgente, profumata e piena di peli di gatto. Niente più del pile li attira. Altro che aspirapolvere, o strisce adesive.
3. Ascoltare un bel cd. Magari di musiche natalizie. Ma, vabbè, accontentiamo il moroso e ascoltiamo Pierino e il lupo (…). E guai a dire che non lo si è mai sentito. Sacrilegio.
4. Sorseggiare una tazza di…. sorseggiare. Ecco.

Lo so. Non ci crederete. Non ci credo neanche io. Al supermercato non ho trovato le buste per fare la cioccolata in tazza. Se è per questo non ho trovato nemmeno l’orzo solubile. Mi domando cosa bevano gli svizzeri nei freddi pomeriggi prenatalizi. Caffè solubile nestlè, in tutte le varianti possibili, oppure the nero, forte e senza limone.
Questa non è vita… Uff. Ehi, voi! Parlo proprio con voi! perché la vendete in Italia, ma qui non c’è? Ufff…. svizzeri…

ti amo… quanto ti amo! – 345

Morosa: Non capisco cosa sia questa mania delle mamme in tv di urlare "ti amo" ai loro figli. L’italiano non è mica come l’inglese che ha solo "I love you". In Italiano si dice "ti voglio bene"…
Moroso: Sì, hai proprio ragione. Ci si dice "ti voglio bene". Che poi, ad essere sincero, mia mamma non me lo dice quasi mai.
Morosa: Ecco. Infatti. Anche a casa mia funziona così. Non lo si dice quasi mai. E queste quattro galline da pollaio sono sempre lì a starnazzare "ti amo" ai figli. Inconcepibile. Oltre che fuori luogo.
Moroso: Sono d’accordo. Ad essere sincero a me suona quasi perverso che queste madri urlino "ti amo" ai figli.
Morosa: Sì!!!! Vero! Anche io lo trovo perverso. E sai un’altra cosa che mi disturba un po’ a vedersi? Quelle mamme che si mettono labbra in fuori e chiedono al figlio il bacino. "Dai, piccolo caro, dai un bacino sulla bocca alla mamma". Lo trovo quasi disgustoso.
Moroso: Scherzi, vero? lo davo sempre bacini sulla bocca alla mamma quando ero piccolo. Quale bambino non lo fa? E’ affetto.

Ecco la prova che la mia è stata un’infanzia infelice, oltre che terribilmente puritana. Un bacio (sulla bocca, va’…)!

nuovi arrivi – 344

In questo periodo di cupa crisi dei mercati globali, i soldi mi piovono dal cielo.
Prima, mi scrive l’amministratore del condominio: le riaccrediteremo parte dei soldi versati per il riscaldamento dello stabile. Ci comunichi il numero del suo conto corrente bancario.
Poi, mi rimborsano il biglietto del treno per andare e tornare da Saas Fee. Ma certo! Le spese di trasporto sono coperte dagli organizzatori. Come ha potuto pensare che non avremmo rimborsato il biglietto?
Quindi, è stata la volta della tredicesima. Undici dodicesimi della tredicesima, aspettando che l’ultimo dodicesimo arrivi con lo stipendio di dicembre (n.b. è complicato il sistema: non è colpa mia se non riesco a spiegarmi!).
Stasera, varchiamo la porta del condominio e ci imbattiamo in una nuova condomina che attacca volantini, mentre parla con la nostra vicina di casa. Ho disperatamente bisogno di qualcuno che condivida con me la sua connessione adsl. Per motivi complicati, Swisscom non mi attiva la connessione. E io necessito di avere accesso alla rete: sto finendo gli studi! Sono disperata! Per caso, avete una connessioen wifi? Sìììì???? Allora, posso pagarvi metà delle spese e usare il vostro accesso? Sììììì??? E’ meraviglioso!

Il segreto dell’economia sta nel far girare i soldi. I soldi rientrano dalla finestra dopo che io li ho spesi? Bene. Io li ri-spendo nuovamente. Benarrivata, o dolce lavastoviglie.Ti troverai bene da noi, ne sono sicura.

capriccio&pasticcio – 343

Sono stata al congresso. Tre giorni persa tra i monti, nel paese di Babbo Natale. Neve, buio presto, lucette. E ancora, neve, of course.
Una vasca da bagno extra-lusso situata esattamente nel mezzo della camera d’albergo che condividevo con il capo. Ancora mi domando perché la vasca da bagno non avesse una tenda, un separé, un corredo mimetico per renderla utilizzabile. Un talamo matrimoniale, che condividevo con il capo. I pranzi, le cene, le colazioni, che condividevo con il capo. Ah, ecco: le pause caffè che condividevo con il capo. Il set da 6 cuscini che condividevo con il capo. La cassaforte in camera che condividevo con il capo. Una toilette con un sensore di movimento: tu fai la doccia e la luce si spegne perché il radar non ti vede all’interno della doccia. E no, non chiamavo il capo per far accendere la luce: mettevo, autonomamente la testa fuori dalla porta della doccia e bagnavo tutto il pavimento. C’est la vie.
Ho assistito a scene ridicole. Mi scusi, gentilissima sign.ra cameriera. Potrebbe parlarmi in francese, invece che in tedesco? Io il tedesco non lo capisco.
Nein, tzignorina. Qvesto è il mio francese. E’ davvero peccato che Lei non riesce a capire mio francese. Scusi. Molto scusi.

Ho parlato davanti alla platea, pensando al modo migliore per non cadere dal palco. Per non lanciare il microfono in mezzo alla platea. Per non strozzarmi a causa dello stress. Per non accecare qualcuno con il puntatore laser. Per gestire il movimento convulso delle mani con il puntatore e con il microfono. E con il telecomando per far scorrere le diapositive. Per non scoppiare a ridere, mandarli al diavolo e cominciare a parlargli in italiano. That’s it.
Sono tornata a casa. Ho trovato un moroso, col raffreddore. Non l’ho preso dall’amante, lo giuro. La solita casetta, incasinata, impolverata, coi piatti da lavare e tutto da stirare. Nonchè il bagno da disinfettare da capo a piedi. La solita vita. Non fosse per due piccole, pelose novità…

l’epopea di un diploma – 342

Mi sono laureata il 28 Marzo 2006. All’epoca, la mia università mi richiese il pagamento (anticipato) delle spese per la realizzazione del diploma. Spese che ho pagato per avere il famoso pezzo di carta.
Fino a Novembre 2008 non ho avuto alcuna notizia del mio diploma di laurea. Ho smosso mezzo mondo nell’autunno dello scorso anno, perché la segreteria della mia scuola di dottorato richiedeva il diploma originale al momento della definitiva immatricolazione. E io non lo avevo ancora. Non sono riuscita a cavare un ragno dal buco. La segreteria ha latitato più che ha potuto e mia mamma li ha chiamati tutti (forse il rettore no… peccato…). Ironia della sorte il mio caso umano ha scosso gli svizzeri, che miracolosamente mi hanno concesso una proroga, ma non ha minimamente scalfito la mia università.

Ad inizio mese ho ricevuto la fantomatica lettera. Il vostro diploma è pronto. Per la consegna del diploma è necessario che Lei si rechi personalmente … presso la sede delle Segreterie Studenti nei seguenti orari: lunedì – martedì 10-12; martedì 10-12.30 e 15-16.30; giovedì 10-15 (giornata del cittadino). Qualora Lei fosse nell’impossibilità di provvedere direttamente potrà delegare ad una persona di fiducia … Infine, nel caso non potesse avvalersi di un delegato, potrà chiedere la spedizione del Suo diploma. La invitiamo a ritirare, entro il termine massimo di un mese dalla data delle presente, il Suo diploma originale di laurea. Il mancato ritiro del diploma entro il termine sopra indicato comporta la conseguente archiviazione dello stesso.

Ora, lasciatemi fare alcune considerazioni.
1. complimenti a chi ha inventato la giornata del cittadino. Orario 10-15. Quale grande concessione. Grazie, o segreterie degli studenti: i padovani gioiranno di questo orario. Io, personalmente, me ne frego. Tutte le persone che conosco a quell’ora sono al lavoro e non possono fare "un salto" a Padova per deliziarvi con la lora presenza.
2. ho aspettato 2 anni e mezzo per avere questo diploma. L’ho pagato due anni e mezzo fa. Tempo un mese e loro cosa fanno? Me lo archiviano. Cosa succeda dentro questi archivi, solo Dio lo sa. Forse lo vendono in nero a qualcuno, passandoci sopra il bianchetto. Grazie, o segreterie degli studenti, per dare casa al mio diploma nel caso io mostrassi disinteresse nei suoi confronti.
3. per fortuna che esiste la spedizione. Grazie, o segreterie degli studenti. Io me lo faccio spedire. La frase la sottoscritta autorizza, sotto la propria responsabilità, alla spedizione è, però, piuttosto inquietante. Mi sorge il dubbio, a questo punto, che il mio diploma sia più sicuro nell’archivio polveroso. Who knows… Lo vedrò mai?

Sono nervosa in questo periodo. Salto via come una molla tesa. Non sto chiedendo nessun favore alla mia Università. E’ un mio diritto avere quel pezzo di carta. Ho pagato, ho aspettato. Chiaramente è colpa mia se mi trovo in questa situazione. perché è esclusivamente colpa mia se non sono seduta sulla porta di casa ad aspettare le bizze della segretaria. Ora, però, scusatemi. Ho perso fin troppo tempo. Devo andare in camera mia a pensare al mio povero diploma che probabilmente in questo momento viaggia in mezzo ai pericoli, in un fragile imballaggio cilindrico.

coff coff coff – 341

Alle 4 mi sono svegliata. Tossisco un po’. Continuo a tossire. Mi prende un attacco di allergia. Starnutisco. Bevo un po’ di Coca Zero. Vado in bagno. Mangio due caramelle SantaSapina, per calmare la tosse. Mi cola il naso. Mi fa prurito un orecchio. Tossisco. Tossisco forte e gratto. Più tossisco, più la trachea mi si irrita, più tossisco. Medito sulle mie colpe. Mai desiderare di ammalarsi solo per farsi qualche giorno di riposo se non si è in grado di gestire la propria coscienza. Il risultato sarà drammatico: andare al lavoro da ammalati. Illumino la faccia del moroso, che dorme e russa, con la luce del cellulare. Gli tossisco su un orecchio. Non reagisce se non russando più forte. Mi pento del casino che faccio, perché il moroso non sente, ma probabilmente i vicini di casa sì. Mi alzo dal letto. Vado in cucina. Scaldo il latte. Bollente. Aggiungo un cucchiaio abbondante di miele e io odio il miele. Torno sotto le coperte. Bevo un sorso ogni volta che mi viene da tossire. Ma la tosse non si calma. Mi concentro nuovamente sul moroso. Comincio a fargli i grattini sulla schiena. Sulle braccia. Un po’ protesta. Si rigira nel letto. Comincio a parlargli, tanto per farmi compagnia. Parlo, e lui dorme. Dormi? Lo sai che russi? Lo sai che mi hai rubato tutte le coperte? Che bello sarebbe se adesso ti svegliassi e mi accarezzassi così come io sto facendo con te. Secondo te, cosa devo fare con questa tosse? Mi porti dal dottore domani? Eh? Ma lo sai che io ti amo? Lo sai che ti amo tanto? Lo sai che ti amo più di te e quindi io vinco?

Un grugnito si leva dalle coperte. Masticandosi le parole, mezzo in trance, il moroso apre gli occhi e risponde contrito tu non hai vinto: ho vinto io. E comunque, smettila di accarezzarmi: mi fai il solletico e dormo male.

Morale: 1. il solletico non è sufficiente a svegliare il moroso. lo fa solo dormire male. 2. per svegliarlo, punta sul suo orgoglio e digli che ha perso. Miracoloso. Un bacio!

siamo alla ricerca – 340

Sono contro corrente. Sono maledettamente contro corrente.
Faccio ricerca, ma se mi si chiede cosa ne penso dei tagli alla ricerca in Italia la prima cosa che penso è "di soldi alla ricerca in Italia ce ne sono ancora troppi. E la prova è che ne prendono cani e porci".

Nel nostro Paese non mancano solo i soldi. Manca la meritocrazia.
A noi non resta che assistere alla perversa corsa al ribasso del nostro Paese.

il regno delle cose perdute – 339

I miei non soffrono per la mia lontananza. I miei ne traggono motivo di consolazione.

Tutto è cominciato con i pennarelli grossi di mio fratello. Chiara, sono spariti. Non è che per caso li hai portati lì in Svizzera? Certo, mamma. Li ho portati qui per fare un murales in soggiorno. Davvero? Allora, riportali a casa che servono a tuo fratello. No, mamma. Scherzavo. Non ho motivo per avere i pennarelli di mio fratello. Eppure, qui non ci sono. Li devi avere tu.

Quindi è stato il turno dei miei stivaletti di camoscio. Sono lì. Ce li hai nell’armadio, sotto il letto, nella scarpiera, nel mobiletto del bagno. No, mamma. Sono a casa. Li hai tu. No, ti assicuro che li ho visti. Erano da te. Cercali. Cercali. Cercali.

Poi è toccato al caricabatterie del cellulare della mamma. Lo hai tu? No, mamma. Non ce l’ho. Sì, ce lo hai tu. Qui non c’è. Non ce l’ho. Io non ce l’ho, mi hai capito? Sì, ce lo hai tu! …. Ok, mamma. Ce l’ho io. Vedi? Lo sapevo! Me lo spedisci?

Qualche settimana fa, abbiamo raggiunto l’apice. Chiara, per caso, hai preso tu i tortellini dal frigo di tua sorella? Io? Sì. Tua sorella ha perso un pacchetto di tortellini: li hai presi tu? No. Ma sei sicura? Magari li hai mangiati quando andavi a fare da cat-sitter a Cino. No. Io non ho mangiato i tortellini. Li ho visti. Ho capito: li hai mangiati tu.

Una volta, quando perdeva le cose, la mamma recitava devotamente i pater noster e la novena di Sant’Antonio. Ora, alza la cornetta del telefono, mi dà la colpa e di botto, si rasserena. Un bacio!