la fine dei pagliacci – 338

In questo giorni ho lo slancio irrefrenabile di saltargli al collo. Certo: per strappargli la giugulare.
Lui e il suo carattere, clownesco e malato. Lui sopra le righe, esagerato, teatrale, maldestro e sempre in prima fila. Lui: inetto e falso sul lavoro, disastrosamente incapace di un minimo di organizzazione, chiassoso e elefantiaco anche nel fare la cosa più graziosa. Gli ho lanciato dietro così tanti anatemi in questi giorni, che quasi mi sono sentita in colpa a vederlo zoppicare oggi in corridoio. Salvo poi pentirmene qualche secondo dopo, una volta capito il gioco del sono venuto al lavoro per un’ora anche se stavo tanto male: ora torno a casa e tutti crederete che io sia un eroe stakanovista. Tutti tranne me, chiaramente.

Credo sia per questa mia assoluta incapacità di inchinarmi alla sua simpatia dilagante, di dargli anche la seppur minima soddisfazione, che lui ci prova continuamente. Ci prova a fare il simpatico con me, a fare le sue scenette di cabaret, a fare finta di essere ora il ricercatore serissimo e iper-produttivo, ora il degno erede di un pagliaccio del circo di paese. Ma essendo stupido, non riesce proprio a capire che con me NON ATTACCA.

Qualche giorno fa, mentre io meditavo di scioglierlo nell’acido cloridrico, mi ha fatto l’offesa più grande che potesse mai uscirgli da quella boccaccia: oh, Chiara, non ci crederai ma io ero esattamente come te quando ero PhD student. Ecco, bravo! Hai detto bene: infatti, NON CI CREDO.

Mercoledì, dopo aver gloriosamente conquistato la platea di ascoltatori al mio seminario, lui mi ha preso in disparte e mi ha detto mi dispiace, Chiara. E’ andato proprio male: troppo difficile, la gente non ha capito niente. Dovevi fare così, colì, colà… frillallerofrillallà.

C’è un motivo se è ancora vivo. Ed è il seguente. La nostra collega americana ci ha visti parlare, si è avvicinata e ha detto E’ proprio un peccato, Gigio, che tu non sappia fare dei seminari così chiari e ben riusciti come quelli di Chiara. Ecco, è vivo perché così, ogniqualvolta io dovrò fare un seminario, la sua presenza ricorderà a tutti gli altri quanto lui sia peggio di me. O, ancora più gratificante, quanto io sia meglio di lui.

gestione dello stress – 337

Io: eh, lo so dottore. Sono ingrassata. Lo so che non fa bene al mio cuore. Sono stata una stupida. Mi sono lasciata andare. Ho perso il controllo. Ho lasciato che tutto andasse a rotoli.

Dottore: Signorina, il fatto che lei sia ingrassata mi dice solo che lei conduce una vita immonda. Immonda, non è vero? Che durante il giorno non ha il tempo di sedersi e mangiare. Che prende le prime cose che trova, possibilmente le più caloriche che esistano, che le sembrano addolcire la sua vita, che altrimenti le parrebbe insensata. Che la sera torna a casa e non ha più forze da dedicare a se stessa, perché tutta la sua energia si è esaurita al lavoro. Che le pare un suicidio chiedere al suo corpo di concludere la giornata dentro una palestra, quando l’unica cosa che vorrebbe è un letto. Che ci sono pochi piaceri nella sua giornata e lei decide di concedersi almeno qualche sfizio, almeno qualche immediata dolcezza. Signorina, non si deve scusare per quello che è, per quello che fa. Forse qualcuno dovrebbe scusarsi con lei. Allora, chi è il colpevole?

Io: Beh… il colpevole?…. i colpevoli, forse… Ecco: i colpevoli sono i miei topi. Senza dubbio.

E giusto perché sono piuttosto acida in questi giorni, ci aggiungerei anche metà dei miei colleghi di lab. E pure il capo. Per fortuna che c’è il moroso… 🙂 Un bacio!

halloween&co – 336

Dovrei fare tante cose. Stirare, prima di tutto. Poi, lavare i piatti. Buttare via le immondizie. Dare aria alle stanze. Mettere via le canottine e tirare fuori i maglioni di lana. Mettere nell’armadio la valigia con cui sono tornata la volta scorsa in Italia.

Dovrei scrivere l’abstract (…) per il poster (…) per il prossimo convegno a cui parteciperò. Preparare una bozza del seminario che devo tenere mercoledì prossimo. Aggiornare il quaderno di laboratorio con gli esperimenti (fallimentari) fatti da un mese a questa parte. Mettere ordine sulla scrivania, che sembra essere stata travolta da un ciclone. Pianificare altri esperimenti per dimostrare che è stata una pura, sfortunatissima coincidenza quella che ha fatto sì che finora nessun precedente esperimento abbia funzionato.

Dovrei chiamare i miei vecchi, cari amici: quelli che continuo a pensare con affetto, ma irrimediabilmente trascuro. Rispondere ai messaggi su facebook. Mandare delle mail, o nel peggiore dei casi almeno un sms. Fare telefonate. Comprare regali. Essere espansiva.

Dovrei riprendere possesso della Wii-Fit. Provare con lo yoga. Prendermi il tempo di sentire il mio respiro. Stirarmi, stiracchiarmi. Mettermi la crema idratante. Tagliarmi le unghie, che con i guanti si sono tutte sgualcite. Accorciare i capelli, che oggi, spaventandosi di quanto sono lunghi, si sono appassiti, lisci-lisci, mogi-mogi.

Invece, l’unica cosa che sono riuscita a fare oggi, spinta da non so bene quale raptus, è stata passare al supermercato e prendere 30chf di dolciumi per i bambini svizzeri alle prese col dolcetto-scherzetto di Halloween. Terribilmente romantico e affettuoso da parte mia. Chiaramente, folle e insensato, visto che nessun bambino si è presentato alla porta di casa stasera. E’ stato così, per ripicca, aspettando dei bambini svizzeri che probabilmente erano già a letto da un pezzo, che ho passato la serata a pianificare l’adozione di un porcellino d’India. Anzi, no. Due. Che, altrimenti, in solitudine si deprimono, smettono di mangiare e muoiono.

ps. Le possibilità sono due: 1. ho difficoltà a darmi delle priorità; 2. sono esaurita. Diciamo, sia la prima che la seconda. E, giusto per facilitarmi la vita, domani… lavoro. Uff.

scoperte innevate – 335

Lezione di vita.

Per far crollare la neve dal finestrino del catorcetto, senza ricorrere all’uso delle mani (la neve è risaputamente fredda), è legittimo ricorrere all’antica tecnica “abbassa il finestrino e via!”. E’ chiaro, però, che non bisogna abbassarlo completamente, onde evitare che la neve, accumulatasi alla base del finestrino, crolli sì, ma direttamente dentro il catorcetto.

Per fortuna il moroso non sempre ha l’onore di assistere alle mie manifestazioni di idiozia. Anche perché, detto tra noi, mezzo chilo di neve caduta in macchina dal finestrino… insomma… è una ingombrante manifestazione di idiozia… Un bacio!

deliri innevati – 334

Un giorno riderò di tutto questo.
Ma fino a quel giorno, devo lavorare-lavorare-lavorare. Ufff.

ps. Nevica. Il moroso è in Italia. E io devo guidare il catorcio con la neve. Se non mi bastasse fare 14 ore di lavoro al giorno, devo pure usare il catorcetto come slittino da neve. Ufff.

gatti, cani e porcellini – 333

Ieri siamo andati ad Animalia, a vedere un po’ di animali da compagnia ad una appassionante fiera losannese.

E’ da una settimana che ci prepariamo psicologicamente all’evento. Io sono partita con la speranza, malcelata, di arrivare alla mostra e trovare il gatto dei miei sogni. Di arrivare, guardare, scegliere e portare a casa una pallina di pelo da accarezzare. Il moroso è partito con la speranza, malcelata, di trovare il cane dei suoi sogni, di guardarlo, accarezzarlo, accarezzare l’idea di portarlo a casa e di lasciarlo là perché un cane non potrebbe restare tutto il giorno in casa da solo. Chiaramente, la mia speranza, in quanto più ambiziosa, è andata disattesa. Per contro, un cagnetto bavoso e botoloso, felice e scoordinato, ci ha leccato una mano a testa ed ha scodinzolato con la coda che non aveva per la delizia del moroso.

Ora, a voler essere sinceri, ho visto n gatti di cui mi sono immediatamente innamorata. Mi sono innamorata un poco meno del prezzo. Per la modica cifra di 1200 chf, mi danno un cucciolo castrato/ sterilizzato. Con buona pace del mio business improvvisato ne prendiamo due e ammortizziamo il costo con la prima cucciolata che ci sfornano.

Visto l’andazzo, il moroso ha iniziato il mantra ma non vedi quanto carini sono i porcellini d’india? che pelosi i porcellini d’india. che affettuosi i porcellini d’india. che simpatici i porcellini d’india. Ufff.

genuinità – 332

Il moroso: Oh, che bella stellina hai nella barra di Windows.
La morosa: Certo, bellissima. Ogni volta che apro Office, quella bella stellina malvagia mi accusa di avere una versione del programma tarocca…
Il moroso: Beh, non che abbia tutti i torti… Hai davvero una versione di Office tarocca.
La morosa: Certo. Tarocca, ma sempre meglio di quello schifo di Office 2007. Io odio quella stellina. Mi indispone! Non la posso vedere. Ogni volta ad accusare. Non ne posso più. E non riesco a farla andare via da lì.
Il moroso: Vuoi davvero che la elimini dalla barra? Sei sicura? guarda che è bellina! Fossi in te, io non la toccherei.
La morosa: ELIMINALA!

Chiaramente, ora la stellina, che pure era bellina e gradevole da guardare, è sparita dalla barra. Il messaggio accusatorio Questa copia di Office è tarocca, invece, continua a molestarmi ogni volta che oso aprire uno dei programmi del pacchetto.
Morale: non chiedere di eliminare la stellina, se in realtà vuoi eliminare il software che essa rappresenta. Il moroso, onnipotente, quanto volubile, mago dei computer, ti accontenterà una e una sola volta. Poco importa se a lasciarci la pelle saranno una stellina e buona parte del tuo sistema nervoso.

dofus, epidemia e alcol – 331

Sabato sera siamo andati a cena da una nostra collega. Viaggio fino a Monthey, circa 70 km da qui, guidati dalla suadente voce del nostro navigatore. All’ultima svolta ci troviamo di fronte a dei paletti che chiudono la strada. Il moroso a quel punto realizza che effettivamente Nancy mi aveva detto di non girare qui, ma di girare alla prossima. Meglio tardi che mai.

Arriviamo alla meta, una deliziosa casetta stile inglese, con un giardino lussureggiante e le rose in fiore. Con un cocker bianco-grigio-nero: Dallas, fratello di Dinasty. Se avessero avuto una sorella, si sarebbe probabilmente chiamata Beautiful. Con una americana che ci accoglie rumorosa, sorridente e scalza sulla porta di casa e ci impone, indirettamente, di togliere le scarpe. Con una stufa in pietra dell’Ottocento in soggiorno e un clavicembalo, vicino ad un vaso di rose. Con Mozart di sottofondo, prima e i Dire Straits, poi. Con una bottiglia di vino invecchiato e i calici tinitinnanti in un brindisi. Con una tavola bene apparecchiata e accogliente: ma senza bibite. perché l’americano medio non mette in tavola niente da bere, ma si alza e ti riempie il bicchiere quando lo hai svuotato (e sì… è terribilmente scomodo, ma tant’è!). Con un computer in un angolo e un ragazzetto (il figlio tredicenne della collega) intento a giocare… a DOFUS, ovviamente…

Chiaramente, il moroso non ha perso occasione di fiondarsi sul computer e sul ragazzetto. perché un sabato sera senza Dofus, che sabato sera è?
Chiaramente, io non ho perso occasione di fiondarmi sulla bottiglia di vino invecchiato. perché se sabato sera con Dofus deve essere, almeno che io sia ubriaca…

visione di sé – 330

Sarà perché quando era un pochino più basso, con gli occhi arrivava proprio lì. Sarà che ogni volta che mi cambio e sono in reggiseno, lui mi capita in camera. Sarà….

Ecco l’opera artistica della pulcetta alle prese con la tavoletta grafica. La pulcetta come vede se stesso, capelli alla Beatles. Come vede il moroso, Homo di Neandertal. Come vede la sottoscritta, no comment.

una settimana dopo i 27 – 329

Ci ho messo una settimana per inghiottire il boccone amaro… Per razionalizzare, ridimensionare, accettare. perché, quest’anno, il mio compleanno mi ha davvero presa alle spalle e sbattuta, con malagrazia, di fronte ad un numero poco amichevole.

perché io, 27 anni, non me li sento proprio addosso. perché non solo non mi sento 27enne, ma, beffardamente, mi sento terribilmente giovane. Insicura. Irresponsabile. Volitiva. Senza radici.

Guardandomi indietro, mi vedo uguale ad adesso. Stessa paura del vuoto, stesso sguardo basso e sfuggente, stessa posizione nella scena: il retro del palco.

Non mi è mai piaciuto essere al centro della scena e fare la protagonista. Non sono mai stata avventurosa. Non ho mai desiderato una vita altrove, che non fosse il mio nido sicuro.

27 anni mi hanno insegnato che non ci sono previsioni che tengano. Che la vita ti sorprende per la risolutezza del suo scorrere fluento verso il futuro. Che la paura alle volte dura un soffio, che alle volte invece dura un po’ di più.

E oggi, la cosa che mi fa più paura è l’idea che quel capello che ho strappato l’altro giorno fosse davvero bianco…